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Il convegno di Mineo ha affrontato temi e soluzioni della grave malattia
La “Tristeza” negli agrumi siciliani
Gli agrumi siciliani sono afflitti dalla “Tristeza”. Non la tristezza classica perché ormai non esiste quasi più un mercato degno di questo nome ma una malattia causata da un virus, il Citrus Tristeza Virus. Se n’è parlato nei giorni scorsi a Mineo, in un convegno organizzato dal comune, alla presenza di tantissimi operatori della filiera, agrumicoltori, commercianti, tecnici, rappresentanti delle associazioni di categoria e amministratori locali.
Il professore Mario Davino, virologo, ha ripercorso la storia dell’evoluzione della patologia in Sicilia, i primi ceppi isolati già negli anni ottanta e il primo importante focolaio, risalente agli anni duemila, quello di contrada Baè, nel territorio di Belpasso, spiegando, purtroppo, come oggi l’infezione si sia estesa in tutta l’isola e col ceppo più virulento, in assoluto. Tra le cause della diffusione la mancanza d’interventi di eradicazione e i principali vettori, gli afidi e l’uomo, quest’ultimo, ha permesso sulla lunga distanza la diffusione della malattia, attraverso il trasporto del materiale di propagazione, piante e marze. Ancora, Davino, ha proposto una serie di soluzioni che congiuntamente potrebbero affrontare il problema, tra tutte, bisogna rapidamente riconvertire gli impianti, estirpando quelli innestati su arancio amaro e reimpiantando le nuove cultivar, utilizzando portainnesti resistenti, quali gli ibridi di Poncirus trifoliata, i citrange. Tutto ciò potrebbe essere seriamente compromesso senza una seria e severa politica dei controlli sulle barriere fitosanitarie; cioè se non si eviti che altri patogeni, fortemente aggressivi nei confronti di questi portainnesti resistenti alla tristezza, quale il più temuto Huanlongbing virus (HLB) o "inverdimento degli agrumi" (Citrus Greening), possano compromettere i reimpianti.
Il professore Gaetano Magano Di San Lio ha affermato come sia ampiamente superato il decreto ministeriale di lotta obbligatoria alla malattia, norma risalente al lontano 1996, poiché, oggi la malattia ha assunto un carattere epidemico, rimarcando la necessità di nuove norme che agevolino e sostengano la riconversione degli agrumeti. Mentre, risulta ancora attuale la necessità di una efficace barriera fitosanitaria.
Tra gli intervenuti anche le associazioni di categoria, UCI, CIA e Confagricoltura, per la prima, Mario Noto che ha sottolineato i gravi effetti economici e sociali, a rischio occupazione 310.000 addetti, per la seconda, Francesco Costanzo che ritiene indispensabile utilizzare e indirizzare più risorse possibili con la prossima programmazione POR 2014-2020 e per la terza, Gerardo Diana che ha stigmatizzato la necessità di interventi urgenti e pochi tavoli tecnici.
Corrado Vigo, agronomo, ha reso noto della sua proposta, già formalizzata all’assessore regionale Dario Caltabellotta, l’ipotesi d’infittimento degli agrumeti colpiti, con questa tecnica, anche se agronomicamente non ottimale, si riuscirebbe contemporaneamente, a riconvertire gli agrumeti e a percepire ancora frutti dalle piante ammalate; cioè se l’estirpazione e il reimpianto del nostro patrimonio agrumicolo richiederebbe un mld di euro, risorsa indisponibile coi tempi che corrono, con la tecnica dell’infittimento, basterebbero quattrocento mln di euro.
Il consigliere provinciale, Giuseppe Mistretta, promotore dell’iniziativa, ha sostenuto la necessità di una normativa ad hoc, che individui le risorse finanziarie necessarie e una fiscalità di vantaggio per le imprese colpite, ed è per questo che ha lanciato l’idea di un coordinamento dei comuni agrumetati delle province di Catania e Siracusa, uno strumento che possa avvalersi della presenza delle associazioni di categoria, delle università e degli ordini professionali coinvolti. L’appello è stato immediatamente raccolto dai sindaci di Palagonia, Valerio Marletta, e di Mineo, Giuseppe Castania ma, anche, da Biagio Caniglia, assessore del comune di Scordia.
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