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Il Nimby Forum ha rilevato 331 progetti contestati in Italia, 13 in Sicilia
Quando la protesta blocca i cantieri
Nel nostro Paese lo sviluppo infrastrutturale incontra continui ostacoli e ritardi, con conseguenti perdite economiche, tensioni sociali e incertezze. Da qualche tempo a questa parte è nato Nimby Forum che si pone l’obiettivo di sensibilizzare i diversi “stakeholder” verso un percorso che concili progresso e tutela del territorio, interessi pubblici e privati, impresa e governo, sviluppo e sostenibilità.
La progettazione di una grande opera civile di pubblica utilità o la realizzazione di un impianto industriale per la produzione di energia o per il trattamento dei rifiuti determina spesso opposizioni da parte del territorio. Si tratta di una vera e propria sindrome, nota come Nimby (Not In My Back Yard = non nel mio cortile), oggi sempre più diffusa nei vari strati della popolazione nazionale.
L’Osservatorio Nimby Forum ha rilevato nel suo rapporto annuale relativo al 2011 un ulteriore aumento (+3,4% sul 2010) dei progetti contestati, che raggiungono quota 331. Tra questi, 163 sono i casi emersi nel solo 2011, mentre i restanti 168 sono presenti nel database Nimby anche a partire dall’edizione 2004.
In generale, il 51% delle contestazioni emerge a fronte di progetti non ancora autorizzati e spesso allo stato di mere ipotesi.
L’Osservatorio continua, quindi, a restituire l’immagine di un Paese bloccato, diviso tra l’urgenza di dotarsi di infrastrutture più moderne per resistere alla crisi e la desolante prospettiva di doversi confrontare con iter autorizzativi farraginosi, con l’assenza di meccanismi di autentico coinvolgimento popolare e con l’azione strumentale della politica.
Quest’ultima considerazione emerge con forza dai dati 2011, che registrano una sorprendente inversione di tendenza: in prima fila, sul fronte della protesta, non ci sono più i Comitati – che si attestano al 18,9%, contro il 25,4% del 2010 -, ma i soggetti politici locali, che si fanno promotori di contestazioni nel 26,7% dei casi (nel 2010 esprimevano il 23%).
Significativo, a questo proposito, anche il ruolo giocato dai Comuni, al secondo posto tra i soggetti contrari agli impianti (19,7%), ma che ritroviamo al primo posto nella classifica dei più attivi nell’appoggiare le opere contestate (22,5%).
L’Osservatorio evidenzia un ulteriore incremento delle proteste contro il comparto più contestato, quello elettrico, che si attesta al 62,5% (contro il 58% del 2010). Seguono, tra i più colpiti dalla sindrome Nimby, il comparto dei rifiuti (31,4%) e quello delle infrastrutture (4,8%). Sebbene connotate positivamente nella percezione popolare diffusa, le rinnovabili continuano
anche nel 2011 ad essere oggetto di una massiccia opposizione: sul totale degli impianti censiti, 156 afferiscono al comparto delle rinnovabili (47,1%). Nella classifica degli impianti più contestati, infatti, il primo posto è occupato dalle centrali a biomassa (25,1%) e il secondo dagli impianti eolici (12,4%), che passano da 29 a 41.
Dall’analisi dei dati secondo un criterio geografico emerge come la sindrome Nimby stia contagiando in maniera particolare e inedita le regioni del Centro Italia, in cui nel solo 2011 emergono 45 nuovi casi di contestazioni.
Esattamente lo stesso numero censito dall’Osservatorio per l’area del Nord Est, che tradizionalmente rappresenta l’epicentro del fenomeno contestatorio.
In Sicilia le contestazioni sono 13: la centrale a biomasse di Menfi (AG), il rigassificatore di Porto Empedocle (AG), l'impianto eolico offshore di Licata (AG), l'impianto eolico offshore di Gela (CL), l'impianto eolico e la discarica di Pachino (SR), l’impianto eolico di Noto (SR), il rigassificatore di Priolo (SR) Melilli, la discarica di Motta Sant'Anastasia CT), la centrale a biomassa di Troina (EN), l'impianto eolico di Montagna Grande (ME), l'eletrodotto Sorgente-Rizziconi (ME) e il gasdotto sealine tirrenico nel tratto Monforte Sangiorgio-Policastro Bussentino (ME.
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