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Monotono il lavoro dipendente?
La politica lontana dalla realtà
Pur prendendo atto delle precisazioni che il Presidente del Consiglio ha fatto a proposito della sua dichiarazione sulla "monotonia" del posto fisso, resta egualmente il senso di una rischiosa distanza tra il Paese e chi lo governa. È carattere comune a moltissimi, ma soprattutto a chi sia dotato di virtù, capacità, conoscenze, poteri tali da collocarlo al di fuori dal novero dei comuni mortali, quello di essere facilmente tentato dall'interpretare la realtà attraverso i propri occhi e le proprie esperienze; in sostanza, attraverso il filtro di un abito culturale che si manifesta in rapporto a priorità ben diverse da quelle quotidiane dei più. A tale tentazione non è sfuggito Monti quando ha definito come "monotono" il posto di lavoro fisso, invitando i giovani a non considerarlo come un totem e ad apprezzare invece la bellezza e la sfida del cambiare lavoro. Ragionamento interessante, ed anche utile, se sviluppato in un contesto nel quale non solo il lavoro sia accessibile, ma, per coloro che lo abbiano trovato, sia relativamente facile sostituirlo con un altro, e possibilmente migliore. In altre parole, in una situazione caratterizzata da grande mobilità sociale, dall'aprirsi di nuove prospettive, da riconoscimenti di merito e capacità tali da rendere appagante la sfida del cambiamento. Non mi pare questa la situazione del Paese, cosa che d'altra parte lo stesso prof. Monti riconosce. Se, dal punto di vista di chi studia scientificamente i fatti dell'economia e della società è del tutto legittimo parlare di monotonia del lavoro, ed a maggior ragione di monotonia di uno stesso lavoro che duri tutta una vita (chi non ricorda i ragionamenti sull'alienazione e "L'uomo ad una dimensione" ?) e, se è del tutto legittimo sostenere che una società orientata all'inamovibilità dei posti di lavoro ricalchi l'immobilismo delle società arcaiche e preindustriali, il fatto che qui non si tratti di una frase pronunciata nel corso di un convegno di studi sulla mobilità sociale, ma dell'affermazione resa da chi governa questo Paese in questa situazione assegna a tale dichiarazione ben altro significato. Perché infatti un lavoro possa esser definito monotono, occorre prima di tutto che esso vi sia; e che duri. E, per poter parlare di bellezza della sfida del cambiar lavoro, occorre che quella sfida abbia qualche possibilità di successo. Cosa che, d'altra parte, uno studioso che sicuramente apprezza Jeremy Bentham dovrebbe ben comprendere. Parlare di monotonia e, nell'attuale contesto, invitare i giovani ad apprezzare la possibilità del cambiamento, appare come l'indice di una percezione astratta del mondo reale, ben diversa da quella che viene quotidianamente sperimentata dalla maggior parte degli italiani. Non diversamente da chi parlava dei ristoranti pieni ed invitava gli italiani a consumare ed a spendere redditi dei quali non disponevano o non disponevano più, ci si riferisce ad un Paese che non è quello dei più. E chi governa non deve mai perder di vista il Paese reale ed il vissuto della grande maggioranza dei cittadini.
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