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Festa della Patrona di Catania - Tanti sospetti per un protesta inspiegabile
"Uno spettacolo vergognoso"
Completamente assenti le istituzioni
Cinque febbraio 2012, Duomo di Catania. Ultimo giorno di festeggiamenti in onore di Sant'agata. Sono circa le 9 del mattino quando il busto reliquiario della patrona di Catania fa ritorno in Cattedrale. L'aria è pesante, si avverte tensione. C'è la stanchezza di chi non dorme da quasi due giorni per seguire la processione. C'è chi è stanco ma c'è anche chi è arrabbiato, molto arrabbiato. Perché quest'anno il fercolo di Sant'Agata non ha percorso la salita di Sangiuliano. È stato il "capovara" Claudio Baturi a prendere questa decisione. A causa della pioggia, il basalto è divenuto troppo scivoloso: far passare da lì il pesantissimo fercolo con folla al seguito rappresenterebbe un rischio troppo grosso per tutti. Non si può infatti dimenticare che su quella salita, nel 2004, morì schiacciato prima dal fercolo e poi dalla folla un giovane devoto, Roberto Calì.
Un fatto drammatico che ha segnato in modo indelebile la storia della festa. Ma torniamo in Cattedrale. Sono quasi le 9:30. Il fercolo rimane bloccato al centro della navata: non si capisce perché non riesca ad andare avanti, in direzione della celletta dove dev'essere riposto. D'improvviso monsignor Barbaro Scionti, parroco della Cattedrale, pronuncia al microfono parole dure, inaspettate: "Quest'anno Sant'Agata ci ha insegnato la violenza. Stiamo assistendo a uno spettacolo vergognoso". Ma quale spettacolo? Poco più in là un gruppo di giovani devoti cerca di impedire l'ingresso del fercolo nella sua cameretta.
Sullo sfondo di quello che sta accadendo si sentono grida, urla, fischi, persino cori da stadio. I devoti che bloccano il feretro sono arrabbiati. A distanza di alcuni giorni dalla conclusione dei festeggiamenti in onore di Sant'Agata, in tanti si chiedono ancora il perché dell'atteggiamento assurdo di quei devoti, se così si possono chiamare. C'è il sospetto che la loro rabbia sia nata dalla decisione del capovara di deviare il tragitto del fercolo, evitando la salita di Sangiuliano. Su quella salita, come anche sulla festa, da tempo è calata l'ombra della mafia: si è parlato e si parla ancora di un presunto giro di scommesse, che sarebbe legato al tempo che il fercolo impiegherebbe a percorrere alcune delle principali strade segnate dalla processione. Tra queste ci sarebbe anche la via Di Sangiuliano. Non solo c'è chi dice che, evitando la salita, il fercolo non si sarebbe potuto fermare per un consueto saluto sotto casa di più o meno noti "personaggi". Ma si può parlare solo di sospetti. Perché su queste presunte infiltrazioni della mafia nella festa di Sant'Agata sta indagando la magistratura. Però i sospetti restano e l'atteggiamento di quei devoti li rende ancora più insistenti.
Ma c'è un altro interrogativo che all'indomani di quei fatti rimbomba e rimbalza da una parte all'altra della città. Perché la scelta di evitare la salita è stata presa dal capovara? Forse, se l'avessero presa il sindaco o il prefetto, mediante un'ordinanza immediatamente operativa Claudio Baturi non avrebbe rischiato il linciaggio e forse in Cattedrale non si sarebbe sfiorata la rissa, con il rischio ulteriore di fare cadere il fercolo.
E poi, perché nessuno è intervenuto per sedare gli animi? Dov'erano in quei momenti le istituzioni? Domande alle quali qualcuno deve dare risposta. Lo pretende la città e lo pretendono quei devoti onesti che per colpa di un gruppo di facinorosi vedono ancora una volta gettare fango su una festa che rischia di perdere quella connotazione religiosa che dovrebbe, invece, costituirne l'essenza.
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