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Arrivo di profughi e aumenti della benzina ma anche danni diretti all'economia
Guai in arrivo da Libia e Tunisia?
Sono molte le imprese siciliane in Nord-Africa
I primi danni economici causati dalla crisi di Tunisia e Libia alla Sicilia si sono avvertiti a Lampedusa dove i continui sbarchi di migranti stanno condizionando il turismo e l'attività dei pescatori. Per questi ultimi l'assessore regionale alle Attività Produttive, Marco Venturi, ha promesso un sostegno economico pari a 400 mila euro.
Il Centro Studi del Cgia di Mestre ha calcolato che il danno che rischia di venire fuori da questa situazione si aggira intorno a 1 miliardo di euro, 5 se considerata l'intera area geografica. Un danno che ricadrebbe su numerose aziende la maggior parte delle quali si trovano in Sicilia, Sardegna e Lombardia; le regioni italiane che hanno gli scambi commerciali più intensi con il paese nordafricano.
Solo per fare un esempio, già tecnici dell'Eni e di altre imprese stanno rientrando a Gela dove c'è il terminale del "Green Stream", il più grande metanodotto sottomarino che, con i suoi 520 km di tubazione da 32 pollici, attraversa il Mediterraneo collegando la Libia alla Sicilia.
I siciliani, oltre a vedersi piombare addosso 200-300 mila profughi (come teme lo stesso governo italiano) e subire l'ennesimo aumento della benzina, rischiano ripercussioni gravi sul loro già disastrato tessuto economico. Diceva Confindustria Sicilia nel 2008: "La Libia rappresenta un partner economico di primaria importanza. Non solo per i fattori energetici". E fino allo scorso 22 gennaio ad un convegno organizzato al Maas di Catania si teneva una riunione tecnica per la programmazione di una "missione di sistema" denominata: Settimana della Sicilia in Libia.
Sono tante le imprese siciliane che operano, direttamente o indirettamente, in Libia e Tunisia: basta citare l'esempio del "Distretto della Meccanica siciliana", 150 imprese tra Siracusa, Milazzo e Gela per un totale di 4.000 dipendenti. In ballo anche una fornitura di tecnologia per la pesca al paese nordafricano, con al centro Federpesca, di cui fanno parte operatori e imprese della pesca soprattutto siciliani, nata proprio a Mazara del Vallo.
Bene ha detto il presidente della Regione Raffaele Lombardo al Governo nazionale: se volete portare a Mineo gli immigrati metteteci nelle condizioni di farli lavorare. E visto che lavoro qui non ce n'è neppure per i siciliani è semplice arrivare alle conclusioni. Anche se, in fondo, non si può escludere le cose non possano tornare alla normalità per le nostre imprese o, addirittura, mettersi ancora meglio.
di Giovanni Iozzia. Pubblicato in Cronaca il 25/02/2011 Scarica il pdf
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