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Esponenti delle due categorie al convegno organizzato dall'associazione Ad Maiora

Connubio di immagine tra avvocati e giornalisti?

Il tavolo del convegno organizzato dall’associazione giuridica forense Ad Maiora
Il tavolo del convegno organizzato dall’associazione giuridica forense Ad Maiora

Catania - Nell'era dell'immagine qual è il rapporto tra avvocati e giornalisti? In un periodo in cui le trasmissioni televisive entrano sempre di più nella cronaca, soprattutto quella nera, portando dentro le nostre case protagonisti, avvocati, plastici dei vari delitti, ricostruzioni e commenti di legali, tuttologi e gente della strada ci si chiede se questa sia davvero la strada giusta. E se la pubblicità indiretta che i legali-protagonisti si fanno in queste occasioni, tramite i mezzi di informazione, sia giusta e, a volte, persino etica. Ancora e di più nei casi in cui alcune storie alla fine risultano create ad arte dai legali.
Se è la pubblicità l'obiettivo perché non utilizzare gli spazi adatti, come fanno tutte le categorie commerciali, in televisioni e carta stampata? E soprattutto quanto incide questa “abitudine” nell'etica prevista dall'art. 18 del codice deontologico degli avvocati?
Il quesito non è peregrino e la massiccia partecipazione che ha caratterizzato il convegno organizzato su questo tema dall'associazione giuridico-forense Ad Maiora, e dal suo presidente Orazio Torrisi, ne è stata una prova.
Un confronto-scontro a tutti gli effetti che ha visto il prof. di diritto costituzionale Felice Giufrè, l'avv. Isidoro Barbagallo e il sostituto procuratore della Repubblica, Agata Consoli da un lato, e i giornalisti Antonella Guerrieri della Rai e Alberto Cicero de La Sicilia, dall'altra. L'avv. Antonino Ciavola ha avuto il compito di moderare un incontro che ha portato alla ribalta rapporti e consuetudini di un connubio ormai indissolubile ma controverso e a volte contrastato.
Emblematica e reale l'introduzione affidata al sostituto procuratore della Repubblica, Renato Papa: “I funerali oggi sono diventati spettacolo. Ma è questo quello serve alla nostra società?”. Non è la risposta giusta quella che stiamo cercando, ma una semplice considerazione “è questa la realtà di oggi: avere le telecamere nelle udienze al posto degli occhi della gente. Dal processo Cogne in poi”.
Interventi e commenti che hanno portato contributi importanti dal punto di vista costituzionale sulla libertà di pensiero e su quello della necessità di una legge uguale per tutti e verso un preciso rispetto delle regole che dovrebbe imporre l'assoluta segretezza delle indagini per tutti e soprattutto nei confronti della stampa.
“Un articolo a maglie troppo larghe che permettono troppa discrezionalità all'avvocato nel rilasciare interviste” è il pensiero - che ha concluso il convegno - del presidente Orazio Torrisi. “Se l'art. 18 prevede che l'avvocato si ispiri a criteri di equilibrio nel rilasciare interviste, è anche vero che il singolo articolo non venga valutato singolarmente ma ancorato a tutti gli articoli del codice deontologico. Anche quelli che prevedono sanzioni disciplinari nei casi di accaparramento della clientela. L'avvocato - ha continuato Torrisi - nei rapporti con la stampa deve tenere in primo piano il ruolo istituzionale che ricopre come figura che riveste una funzione pubblica e sociale, tralasciando ambizioni propagandistiche e personalistiche”.
L'intento del convegno non era quello di incolpare questo o quell'avvocato né dare moniti, ma capire i limiti e gli ambiti della categoria forense nei rapporti con la stampa, specie alla luce delle novità legislative che hanno allargato le maglie della pubblicità per gli avvocati.

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