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Verso la Terza Repubblica

La fine di un’epoca cominciata nel 1994


Tra due giorni gli italiani andranno a votare. In molti hanno accostato questa elezione a quella del 1994, altri addirittura al 1948. In realtà si tratta veramente di un passaggio epocale che probabilmente porrà fine all’interregno negativo tra la fine della cosiddetta Prima Repubblica e l’inizio della Terza. Ovviamente si tratta di termini assolutamente improbi perché per porre fine ad “una Repubblica” (come ad esempio in Francia dove si trovano nella Quinta) occorrerebbero almeno delle importanti riforme istituzionali e costituzionali che in Italia non sono mai state fatte. In realtà la consultazione del 1994 venne all’indomani del crollo di alcuni partiti (DC, PSI, PSDI) che non si poterono neppure difendere in sede elettorale mentre in quella di quest’anno stanno crollando altri partiti (PDL, Lega), che si stanno difendendo con le unghie e con i denti. Se poi questo Parlamento metterà mano alle riforme, quelle vere, istituzionali e costituzionali, si potrà dire che stiamo entrando nella Seconda Repubblica.
L’unica cosa certa al momento è che queste lezioni hanno sancito la fine non solo del bipartitismo, peraltro mai esistito nel nostro Paese, ma anche del bipolarismo, tante volte predicato e tentato sempre senza successo. Le sei coalizioni in gara ne hanno decretato il definitivo “de profundis”.
La posta in gioco adesso è però molto alta. Se nel 1948 era la scelta di campo tra due sistemi, due ideologie e due schieramenti (USA contro URSS), nel 1994 era solo un cambio al vertice, adesso c’è in gioco la sopravvivenza stessa dell’Italia. Una scelta sbagliata farebbe correre velocemente il Paese verso quel baratro che solo un anno di tremendi sacrifici ci ha fatto finora evitare. La situazione è migliorata ma non risolta. La via intrapresa è quella giusta ma il cammino non può fermarsi né, tanto meno, invertirsi.
Ma più che la giusta scelta, che ovviamente è opinabile a seconda dei singoli convincimenti politici, è importante che sia garantita la governabilità. Il “porcellum”, il pessimo sistema elettorale con cui siamo costretti a votare per la terza volta (fece il suo esordio nel 2006 e in 7 anni il Parlamento non ha potuto o voluto modificare), mentre garantisce un premio di maggioranza netto e chiaro alla Camera dei Deputati, al Senato non garantisce proprio nulla. Quindi o vince nettamente, in tutti e due i rami del Parlamento, un solo schieramento altrimenti si deve trovare un accordo programmatico tra una o più coalizioni. Ritornare al voto, subito e presto, sarebbe un danno quasi irreparabile. Rischiamo di rendere vani i grandi sacrifici di quest’ultimo anno.

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