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Dopo i politici, i tecnici, poi i grillini. Ma risposte ancora non ce ne sono

AAA Cercasi politica disperatamente


La politica italiana sta per rassegnare la sua resa incondizionata. Dopo 20 anni di errori, di grossolanità, cialtronerie e incapacità ha dovuto cedere prima ai tecnici e adesso sta per farlo ai movimenti popolari e populisti. L’accusa principale che si fa ai politici è stata l’incapacità di gestire le grandi questioni economiche scaturite dalla grave crisi mondiale. Eppure è proprio la politica che dovrebbe avere la capacità di affrontare i problemi degli Stati e delle popolazioni, attraverso linee, progetti e prospettive che poi i tecnici devono tradurre in atti. Ed a costoro si chiedeva solo questo: mettere le loro competenze a servizio di un progetto più ampio.
Nel 1946, seppur con un panorama generale molto diverso, toccò alla politica risollevare l’Italia dall’immane tragedia della guerra, cominciando con la ricostruzione e riportando il Paese alla normalità. Merito di Alcide De Gasperi ma anche di Palmiro Togliatti e di altri che economisti non erano ma erano politici di grande levatura: veri statisti. Nei primi anno ’60, poi, Pietro Nenni, grande leader socialista, soleva dire: «Io di economia non ne capisco nulla». Eppure fu il vicepresidente del Consiglio, presidente Aldo Moro, di quei governi che seppero gestire la crescita e lo sviluppo dell’Italia del benessere. Di quell’Italia che entrava nel novero delle grandi potenze industriali del mondo, dove il livello della qualità della vita arrivava al massimo. L’Italia del “boom” economico dei mitici, fantastici, irripetibili anni Sessanta. Evidentemente era una politica che sapeva gestire, prevedere e sostenere i moti dell’economia.
Non c’è dubbio che fosse una realtà diversa da quella di oggi, resa più complessa dalla globalizzazione e da mille altri fattori, ma è anche vero che tutto è proporzionato all’epoca in cui i fatti avvengono. L’esempio del New Deal americano di Franklin Delano Roosevelt, che seppe così arginare la terribile crisi finanziaria del 1929.
I politici di allora seppero trovare le risposte, quelli di oggi no. Ecco perché sono arrivati prima i tecnici e adesso i grillini. Finora la classe dirigente nostrana ha storpiato la frase di Giuseppe Ungaretti in «M’illumino d’impaccio». Altro non c’è stato. «Quando si dice la verità non bisogna dolersi di averla detta. La verità è sempre illuminante. Ci aiuta ad essere coraggiosi», disse Aldo Moro, grande statista e storico esponente della Democrazia Cristiana. Sembrano essere passati secoli da quando Moro fu ucciso dalle Brigate Rosse a altrettanto tempo da quando uomini come lui, quelli della Prima Repubblica, calcavano da protagonisti le scene della politica Italiana. Come dire da Shakespeare e Moliere siamo passati alle recite scolastiche di fine anno.
Aveva visto bene Giosuè Carducci quando profetizzò sul’Italia: «La genia nuova fu di pigmei e di folletti, di gnomi e di coboldi. Gnomi, ogni lor industria mettevano a raspar la terra con le mani e i denti per cavarne l’oro: coboldi martellavano di continuo reti di maglie di ferro per impigliarvi li gnomi e portarne via l’oro: pigmei e folletti avevano la leggerezza del pensiero quasi eguale alla perversità dell’intendimento, e seguivano con mille giuochi maligni a tormentare e rubare li gnomi e i coboldi. In tanta degenerazione anche le Alpi si erano abbassate, e i mari rattratti; e l’aquila romana intisichiva dentro la nuova gabbia che le avevano fatta. I coboldi e li gnomi trionfavano. E gli uni ricevevano senza crollarsi gli scapaccioni aggiustati alle lor teste da certe mani passanti su le alpi abbassate e pe’ mari rattratti, e si vantavano forti: e gli altri oltraggiavano i loro padri e si sputacchiavano a gara le facce, e si dicevano liberi. E questi scavavano piccole fosse per deporvi le immondezze delle anime loro, e si chi conservatori; e quelli saltabeccavano, come scimmie ubriache d’acquavite, su le loro frasi, e si gridavano rivoluzionari». E Giuseppe Tomasi di Lampedusa fa dire al principe Fabrizio Salina: «Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene… ».
Scusate le troppe citazioni, contrarie ad ogni forma di buon giornalismo ma a furia di dire sempre le stesse cose, di avanzare critiche alla pessima politica di questi tempi, che non muta mai e neppure migliore, si è seccata la gola e si sono esaurite le parole. Ma le risposte che sono arrivate non sembrano quelle giuste. Chiedere aiuto a chi è più saggio non è mai sbagliato. Come ben recita Anthony Hopkins nel meraviglioso film Amistad di Steven Spielberg, interpretando il sesto presidente degli Stati Uniti, John Quincy Adams.

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