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Banche e conti offshore per operazioni illecite e illegali
Si intensifica la lotta al segreto bancario
Dal prossimo 1 novembre la Svizzera rimarrà sempre un posto adeguato a conservare il denaro in maniera anonima. Infatti, mentre sono in tanti a credere che finalmente gli istituti di credito renderanno pubblici, a chi di dovere, i deposti dei correntisti, in realtà si tratta solo dell’entrata in vigore delle norme che hanno l’obiettivo di lottare contro il riciclaggio del cosiddetto “denaro sporco”. In pratica quello che per la maggior parte proviene da attività illecite o criminali. Di fatto, se le autorità di polizia di una Stato nel corso delle indagini richiederanno alcuni controlli alle banche elvetiche adesso la risposta sarà “si”.
Coloro, invece, che hanno onestamente guadagnato e molto meno onestamente cercheranno di sottrarre alla rapaci grinfie del fisco italiano i proventi di tali guadagni, potranno continuare a dormire sonni tranquilli.
Nei giorni scorsi il Governo svizzero ha firmato una “Convenzione sullo scambio spontaneo di informazioni sull’evasione fiscale” con alcuni paesi europei tra i quali l’Italia.
La firma della convenzione da parte degli svizzeri, può avere indotto qualcuno a capire male quello che stava realmente accadendo. Purtroppo negli ultimi tempi è accaduto spesso come, ad esempio, la notizia (poi smentita dallo stesso Ministero dei Trasporti) di un microchip che avrebbe dovuto sostituire il tagliando assicutativo cartaceo delle automobili.
L’accordo, però, dovrà essere ratificato dal Parlamento Federale che potrebbe anche non farlo (visto che ha già bocciato quello con gli Stati Uniti) e, in ogni caso, tutto l’iter non dovrebbe consumarsi prima di un paio d’anni. Liechtstein e Austria, invece, si sono impegnate a rimuvere il segreto bancario dall’1° gennaio 2015. Quindi, oltre alla Svizzera (per almeno altri due anni), restano posti “sicuri” in Europa, Andorra e il Principato di Monaco.
Tornando al segreto bancario, se l’Europa dovesse (come prima o poi accadrà) prendere provvedimenti seri e rimuoverlo ovunque, restano piccoli stati americani (Bahamas e Panamá in particolare) e in Asia, dove il segreto bancario è poco regolamentato e in cui le banche occidentali hanno massicciamente aperto affiliate estere per sfruttarne i vantaggi finanziari (come ad esempio la possibilità di effettuare operazioni back-to-back o di aprire Trust e fondazioni che complicano le possibilità di risalire ai nominativi dei titolari di una società in caso di rogatorie internazionali e che permettono operazioni di elusione fiscale).
Si tratta delle cosiddette “Banche offshore”, cioé fuori dalla acque territoriali. Si calcola che nel mondo ce ne siano circa 10.000 (di cui oltre 300 italiane) con un circuito di quasi 2.000 miliardi di euro.
Ecco cosa ha scritto quasi dieci anni fa, Giorgio Ferrari sul quotidiano "Avvenire": «Sono queste le casseforti, o se preferite i paradisi fiscali, o se proprio volete le piazze off-shore (il termine nasce dal contrabbando di whisky durante il proibizionismo nei ruggenti anni Venti americani) dove trova rifugio una massa monetaria e finanziaria le cui dimensioni hanno dell'incredibile: 1.800 miliardi di dollari annui di volume d'affari gestito, così distribuiti: almeno il 40% proveniente da traffici illeciti, traffico d'armi, finanza occulta legata alla droga o al terrorismo; il 45% frutto di "pianificazione fiscale" (ma diciamo pure elusione, quando va bene, o evasione quando vogliamo essere più schietti); il 15% da finanza "politica" (i tesori e tesoretti dei vari dittatori del Terzo mondo, i fondi della cooperazione internazionale abilmente stornati da governi e/o funzionari corrotti)».
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