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I due leader, nonostante gli attacchi, rimangono al posto di comando
Berlusconi e D’Alema: i padroni della politica italiana?
Massimo D'Alema e Silvio Berlusconi ai tempi della Bicamerale
“Se Sparta piange Atene non ride”, recitava un vecchio detto. Applicato alla politica attuale si può ben dire che se il “Pdl piange il Pd non ride”. Entrambi i partiti ormai vanno verso la scissione. Il Pdl l’ha già consumata domenica scora quando dalle sue ceneri è rinata Forza Italia ma anche il “Nuovo Centro Destra”. Il Pd la consumerà molto probabilmente domenica 8 dicembre quando si deciderà il nuovo segretario. Ma le similitudini tra i due partiti non finiscono qui, anche perchè questi concomitanti fatti dipendono direttamente dalla crisi di autorità dei due fino ad ora indiscussi relativi leader: Silvio Berlusconi e Massimo D’Alema. Il Cavaliere, anche a causa della sua storia e del suo carattere, è stato un “capo” molto marcato, invadente, chiassoso; D’Alema, invece, abituato alle sottigliezze della politica più politicante che mai, all’abilità manovriera dei dirigenti del vecchio Pci, è stato più nascosto, sornione, sottotraccia. Entrambi, però, hanno dominato il loro schieramento: decidendo, nominando, creando, distruggendo. Un rapporto, tra i due, che coperto da un velo di doverosa e dovuta ositilità, è invece sempre stato di dialogo e spesso perfino di collaborazione. Tutto cominciò, o dovrebbe essere cominciato, la sera del cosiddetto “patto della crostata”. Era la sera del 17 giugno 1997 e Berlusconi, D’Alema e altri commensali, riuniti a casa di Gianni Letta, mentre gustavano la famosa crostata, specialità della padrona di casa, stabilirono un accordo. A rivelarlo fu Francesco Cossiga che, però, non aggiunse altri dettagli. Tutto è rimasto avvolto nelle nebbie del dubbio, al di là delle tante indiscrezioni ed ipotesi che nel corso degli anni si sono fatte. Su cosa si accordarono quella notte Berlusconi e D’Alema? Sono passati 16 anni e saperlo ormai conta poco, anche se forse quello che si discusse quella notte potrebbe avere influenzato la storia recente d’Italia fino ad oggi. Il punto è che Angelino Alfano, il figliuol prodigo, e Matteo Renzi, il rottamatore, stanno scombinando i piani dei due. Quelli di Berlusconi di rimanere al potere ancora per alcuni lustri e quelli di D’Alema di gestire per interposta persona (in fondo faceva così anche Giovanni Giolitti). Riusciranno i due a mantenersi in sella anche fuori dal Parlamento? Dando per scontato la decadenza di Berlusconi che sarà votata dal Senato il prossimo mercoledì 27 novembre. Una risposta ardua perché se da un lato il “nuovo” incalza, Berlusconi e D’Alema hanno ancora molte frecce nella loro faretra, tanta esperienza e tantissima intelligenza. Una dote, la loro, amplificata dal deserto mentale in cui sono sono mossi.
Le primarie del Pd che si sono svolte nei giorni scorsi anche a Catania meritano un commento. Ha vinto Gianni Cuperlo, sponsorizzato da Massimo D’Alema, sconfiggendo per un’incollatura Matteo Renzi. L’intreccio dei sostenitori dell’uno e dell’altro è stato così complesso che nessuna anima del Pd può sentirsi sconfitta o vincente. Anche se una parte di quella che appoggia Renzi teme ugualmente che una segreteria del sindaco di Firenze possa portare ad un “accentramento” del Pd. Sul fronte del centrodestra, anche a Catania e provincia si sta facendo la conta su chi andrà con Alfano e chi rimarrà con Berlusconi. Anche qui sono in molti a temere una deriva centrista. In entrambe le aree, invece, sono tanti ad auspicarla con forza.
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