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Le sue eruzioni tengono il mondo con il fiato sospeso e appassionano i catanesi
Etna, spettacolo continuo
20° parossismo dell'Etna del 15.12.13 (Foto Angela Platania)
Nella sua magnifica cornice di acqua e pietra Catania guarda a Oriente, ascolta le voci del Nord e si lascia tentare da tutte le suggestioni dell'Occidente. In questa terra contesa tra acqua e fuoco il passaggio delle civiltà antiche ha lasciato un'eredità spettacolare nelle forme, nei colori e nella gente. Scoprire Catania significa muoversi nel tempo, con una soluzione di continuità tra passato e futuro. I conquistatori, in epoche remote, si sono contesi questo angolo al centro del Mediterraneo che si specchia in un mare che ha affascinato Omero ed è vegliato da un guardiano temuto e amato: l'Etna.
In questi ultimi mesi il nostro vulcano "a Muntagna" ha dato spettacolo di se, come se volesse ringraziare il mondo per la sua nomina da parte dell'Unesco a Patrimonio dell'Umanità. Turbolenta com'è, non ha trovato modo migliore, e più adatto alla sua indole, per ringraziare.
In fondo un'eruzione per un catanese doc non è nulla di straordinario. Per chi non la conosce e la vede da lontano, fotografie, televisione o Interne rimane impressionato e sconvolto. Un amore antico nel tempo che solo in piccola parte viene scalfito dai disastri provocati dalla lava e dalla cenere. Lei, "a Muntagna", perché di un essere vivente si tratta, può anche devastare le campagne con la lava oppure può fare crollare degli edifici con i suoi sussulti, ma è sempre una delle fonti principali di ricchezza della città e dell'intero suo circondario. Poco importa se l'aeroporto deve chiudere, se i boati non fanno dormire, se poi bisogna spazzare la cenere. Tutto questo passa e l'Etna rimane lì al suo posto. La sua terra benedetta, arricchita da secoli di humus inimitabile, produce la migliore uva e di conseguenza il miglior vino, le arance più rosse, i fichi più grossi, le pesche più succose e tutto ciò che l'uomo è riuscito a portare via dal Paradiso Terrestre. Perfino armenti e greggi producono carni e latte migliori che in tanti altri luoghi. Ma non ci sono solo i prodotti della terra, dell'agricoltura e dell'allevamento. Al suo interno, dentro il terribile vulcano, non scorre solo fuoco ma anche acqua. Quando il resto dell'isola patisce la sete le mille sorgenti dell'Etna zampillano allegre e fresche. Anche in estate vi si trova la neve, un tempo usata per preparare i gelati.
Catania ebrea, Catania cartaginese, Catania egiziana pervasa dal culto isideo tradotto in devozione Agatina. Catania pagana, Catania non riesce a sottrarsi neppure nella cucina al giogo d'affetto che la lega "a Muntagna". La Pasta alla Norma, dall'opera di Vincenzo Bellini, rappresenta il vulcano: la pasta è la base di granito, le melanzane scure come la lava raffreddata, la salsa la lava incandescente e la ricotta salata la neve. L'Etna, noi catanesi, vorremmo anche mangiarla. Solo pochi posti al mondo consentono di stare su di un monte, circondati dalla neve, inondati dal sole, e vedere il mare azzurro sotto di se. Perfino una piccola foresta, la pineta di Linguaglossa, ricorda i panorami del freddo nord Europa. Un luogo talmente fantastico da dare vita a mille leggende. Eccone alcune tratte da Wikipedia: "A proposito del dio Eolo, il re dei venti, si diceva che avesse imprigionato i venti sotto le caverne dell'Etna. Secondo il poeta Eschilo, il gigante Tifone fu confinato nell'Etna e fu motivo di eruzioni. Un altro gigante, Encelado, si ribellò contro gli dei, venne ucciso e fu bruciato nell'Etna. Su Efesto o Vulcano, dio del fuoco e della metallurgia e fabbro degli dei, venne detto di aver avuto la sua fucina sotto l'Etna e di aver domato il demone del fuoco Adranos e di averlo guidato fuori dalla montagna, mentre i Ciclopi vi tenevano un'officina di forgiatura nella quale producevano le saette usate come armi da Zeus. Si supponeva che il "mondo dei morti" greco, il Tartaro, fosse situato sotto l'Etna. Su Empedocle, un importante filosofo presocratico e uomo politico greco del V secolo a.C., venne detto che si buttò nel cratere del vulcano, anche se in realtà sembra che sia morto in Grecia. Si dice che quando l'Etna eruttò nel 252, un anno dopo il martirio di Santa Agata, il popolo di Catania prese il velo della Santa, rimasto intatto dalle fiamme del suo martirio, e ne invocò il nome. Si dice che a seguito di ciò l'eruzione finì, mentre il velo divenne rosso sangue, e che per questo motivo i devoti invocano il suo nome contro il fuoco e fulmini. Re Artù risiederebbe, secondo la leggenda, in un castello sull'Etna, il cui celato ingresso sarebbe una delle tante e misteriose grotte che la costellano. Il mitico re dei Sassoni appare anche in una leggenda, quella del cavallo del vescovo, narrata da Gervasio di Tilbury. Secondo una leggenda inglese l'anima della regina Elisabetta I d'Inghilterra ora risiede nell'Etna, a causa di un patto che lei fece col diavolo in cambio del suo aiuto per governare il regno".
Scrisse nel 1788 Dominique Vivand Denon nel suo "Voyage en Sicilie": "Tutto ciò che la natura ha di grande, tutto ciò che ha di piacevole, tutto ciò che ha di terribile, si può paragonare all'Etna, e l'Etna non si può paragonare a nulla". Ed ha ancora perfettamente ragione.
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