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Le leggi italiane non hanno tempo per i bambini

«Mi chiamo Marco, sono catanese, ho 50 anni e da cinque sono il padre di uno splendido bambino che ho avuto con una donna colombiana. Giacomo, così non si chiama mio figlio, è ovviamente bellissimo e vive con sua madre - che non è mia moglie - in una piccola cittadina relativamente vicina a Bogotà. Ci vogliono quasi sette ore di macchina per raggiungere la capitale.
«Io vivo e lavoro in Italia anche se spesso vado in giro per il mondo e tre o quattro volte l’anno corro in Colombia per stare con Giacomo. Eppure non sono solo i viaggi i momenti che passo con mio figlio: ogni giorno mi sveglio alle 4 del mattino per parlare con lui tramite skype e questo mi permette di seguire i suoi progressi e fargli sentire la mia presenza. Costantemente. Ma un abbraccio dal vivo non può essere sostituito dal video di un pc e quindi volare in Colombia per festeggiare il Natale con mio figlio sarebbe stato il regalo più bello del 2013.
«È novembre. Ho tutto il tempo. Controllo i voli, controllo il passaporto… oh oh… Devo rinnovare il passaporto… corro in questura, faccio la fila e il poliziotto mi chiede l’autorizzazione firmata dalla madre del bambino per proteggere Giacomo da eventuali miei rapimenti all’estero in ossequio a una legge del 1967. Ovviamente l’autorizzazione non ce l’ho e faccio notare che mio figlio vive già in Colombia. Con la madre… Non c’è problema mi dice il funzionario, “mandi la signora a firmare all’ambasciata italiana in Colombia”. Troppo distante purtroppo. È impossibile.
«Un altro modo c’è, aggiunge il poliziotto, può fare istanza al giudice dei minori che le fisserà un’udienza e autorizzerà il suo passaporto. Lo ascolto. Chiedo istanza. Mi tocca pagare più di 80 euro tra marche da bollo e altro e in più per non sbagliare chiedo l’assistenza di un legale. Siamo a gennaio e ancora la data di udienza non è stata fissata, ma mi hanno detto che prima di questa estate sarà difficile rivedere Giacomo.
«La cosa assurda è che se non avessi mai dichiarato mio figlio sul passaporto sarei stato passibile di una multa di soli trenta euro».
Queste è la storia di Marco, anzi solo l’inizio visto che la trafila è lunga, come sempre in Italia quando si parla di giustizia. Però almeno quando ci sono di mezzo i bambini si dovrebbe sperare in qualcosa in più. Più tutela. Più attenzione. Più considerazione.

di Monica Adorno. Pubblicato in Cronaca il 10/01/2014 Scarica il pdf


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