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Sono 1750 in tutta la Sicilia, per una spesa di oltre 200 milioni
Cantieri scuola-lavoro, a cosa servono?
Anche l'Ance Catania li critica apertamente
Passeggiando per le strade di Catania e provincia, è frequente imbattersi in folti gruppi di uomini e donne in tuta da lavoro arancione che bivaccano attorno a dei cantieri. Si tratta di lavoratori disoccupati assoldati dalla Regione Sicilia, per tre mesi l'anno, attraverso il progetto "Cantieri scuola lavoro". Sono 1750 i siti edili sparsi in giro per la Sicilia dove gli operai svolgono piccole mansioni, dal ripristino dei marciapiedi alla messa in sicurezza delle tubature del gas. Un'operazione, finalizzata all'ingresso temporaneo nel mondo del lavoro, che costa alla Regione la "modica" somma di 200 milioni di euro con risultati che convincono poco. In primo luogo, il numero massiccio di personale utilizzato nei cantieri. Recentemente sul sito internet dell'Ance (Associazione nazionale costruttori edili) di Catania si può vedere una rassegna fotografica che denuncia l'inattività di tanti lavoratori in tuta arancione.
Nutriti gruppi di operai con le braccia conserte che, nella migliore delle ipotesi, osservano da lontano i lavori o peggio sono comodamente seduti al tavolino di un bar. Questo dimostra non tanto la pigrizia o peggio la malafede dei lavoratori piuttosto la scelta miope di chi ha deciso di ingaggiare tanto personale per mansioni che ne richiedono sicuramente un numero meno elevato. Una politica di tipo assistenzialistica che cerca di tamponare una piaga gravissima come la disoccupazione con una retribuzione (minima) di tre mesi piuttosto che investire in attività produttive che portino benessere e occupazione nel lungo periodo. Nell'era del lavoro a tempo determinato, insomma, i contratti di tre mesi promossi dalla Regione non sembrano affatto risolutivi del problema e soprattutto, ci chiediamo, poiché i cantieri scuola hanno l'ambizione di insegnare un mestiere quando le professionalità acquisite dalle tute arancioni saranno spendibili realmente su un territorio dove non si investe.
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