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I rimborsi elettorali: tanti, troppi e spesi male
Il finanziamento pubblico ai partiti è nato con la legge n. 195 del 2 maggio 1974, proposta dal democristiano Flaminio Piccoli. Aveva lo scopo di evitare che i partiti facessero ricorso alla corruzione ed alla collusione per ottenere denaro. Dopo alcune modifiche la norma viene abolita nel 1993 con il referendum promosso dai Radicali. Ma subito dopo viene approvata la legge dei rimborsi elettorali (n. 51 del 23 febbraio 2006) con la quale l'erogazione è dovuta per tutti i cinque anni di legislatura, indipendentemente dalla sua durata effettiva. Dopo il 2008 i partiti iniziano quindi a percepire il doppio dei fondi, poiché ricevono contemporaneamente le quote annuali relative alla XV Legislatura, terminata dopo neppure 2 anni, e alla XVI, quella in atto. Durante il 2010 i partiti italiani hanno ricevuto denaro pubblico per una somma pari a 285 milioni di euro, i tedeschi solo 133 milioni, i francesi solo 80, mentre in Gran Bretagna i contributi spettano solo all'opposizione. Le elezioni politiche del 2008 sono costate allo Stato circa 503 milioni di euro, mentre le reali spese elettorali ammontavano solamente a 136, i partiti hanno così incassato 367 milioni di cui sembra proprio non abbiano fatto buon uso.
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