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L’atto di Luigi Preiti nasce dalla disperazione?
Quella violenza che non ci vuole
L'arresto di Luigi Preiti
La violenza gratuita, singola e privata non ha mai alcuna giustificazione ma necessita di comprensione. L’atto disperato compiuto domenica scorsa da Luigi Preiti scaturisce da una situazione generale che è giunta al limite. Certamente il muratore calabrese ha trasceso la normalità ma quando la disperazione dilaga anche l’incredibile purtroppo rischia di tramutarsi in realtà. «Ho voluto fare gesto eclatante in un giorno importante: non odio nessuno, ma sono disperato» ha detto Preiti al magistrato che lo ha interrogato. Il problema è che il “gesto eclatante” stava per costare la vita a due carabinieri uno dei quali rischia persino di rimanere paralizzato.
Adesso non bisogna strumentalizzare ai fini politici una tragedia personale che coinvolgendo altre persone in un momento topico della vita politica è diventa una tragedia pubblica. Le accuse reciproche fioccano. In realtà la colpa di tutto ciò va condivisa in parti assolutamente uguali tra tutte le forze politiche che in maniera indistinta hanno usato toni violenti sia nella dialettica normale sia nella campagna elettorale. Il Movimento 5 Stelle continua a mettere il dito nella piaga, forse in modo troppo cruento, e attraverso una nota su Facebook un consigliere comunale di Torino, Vittoria Bertola hadichiarato: «Il vero problema non è che qualcuno vada davanti a Palazzo Chigi e spari durante il giuramento del governo. Il vero problema è che in questo momento, ne sono assolutamente certo, ci sono alcuni milioni di italiani che pensano “peccato che non abbia fatto secco almeno un ministro”».
La frase non è carina come non è stato elegante Luca Telese che nel suo programma su La 7 ha mandato la sera della tragedia le immagine del comizio di Beppe Grillo dove l’ex comico genovese dava le coordinate di Montecitorio affinché Al Qaeda lo potesse bombardare. Nulla di diverso dal dito medio alzato di Maurizio Gasparri, dagli attacchi al vetriolo subiti da Silvio Berlusconi, perfino dalle monetine lanciate nel 1993 a Bettino Craxi, davanti all’hotel Raphaele, dai neo squadristi capitanati da Gianni Alemanno e Franco Fiorito al “er batman”. Nessun traccia di quel “bon ton” delle vecchie tribune politiche condotte da Ugo Zatterin nella Rai d’antan. Qualche volta in aula poteva scapparci qualche cazzotto, è vero, ma la cosa finiva lì. Invece adesso il clima e il gergo politico è da suburra. Indegno di una grande nazione come l’Italia e sintomatico di un’assenza generale di argomenti e di idee. Cosa ampiamente dimostrata dall’incapacità di trovare una soluzione ai problemi che prepotentemente sono apparsi sulla scena. Se il problema nazionale troverà una soluzione, fino a ieri remota ed oggi forse possibile, lo si deve ad un vecchio gentiluomo napoletano di 88 anni, il Presidente della Repubblica Giorgio Napoletano, che invece di godersi un meritato riposto ha accettato la rielezione solo per poter dire: se sbagliate ancora vi mando tutti a casa.
Il Paese ha bisogno di una classe dirigente seria, capace di tenere dritta la barra del timone, che infonda sicurezza alla gente in un momento tragico come questo. Invece finora è successo al contrario e qualcuno un po’ più debole, un po’ più stanco e disperato, qualcuno come Luigi Preiti, non ha retto a tutto questo sentendosi disperato, solo, abbandonato e derubato della possibilità non solo di costruire un futuro per se e per la sua famiglia ma neppure di gestire il presente. Sarebbe bello potere dire come scrisse un tempo Walt Whitman: «Oh! Capitano, mio Capitano, il tremendo viaggio è compiuto, La nostra nave ha rotto tutte le tempeste: abbiamo conseguito il premio desiderato». E forse i nostri politici non farebbero male a chiedersi come mai un Paese che ha sempre posto limiti incredibili all’apertura dei casinò adesso - e soprattutto nei piccoli paesi - se ne ritrova uno in ogni porta in ogni negozio. Non è una chiara istigazione al gioco perpetrata ai danni di chi non lavora dallo Stato?
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