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Nuovo allarme del presidente di Confindustria Squinzi
Rischiamo di tornare indietro di 50 anni
Il presidente degli industriali italiani, Giorgio Squinzi, continua a lanciare i suoi allarmi. Questa volta ha detto che continuando così torneremo indietro di 50 anni. Magari! Potrebbe pensare qualcuno, visto che torneremmo nel 1963 alla vigilia del grande boom economico degli anni Sessanta. Quando un’Italia ancora in parte provinciale si preparava a fare il grande salto di qualità. Quando le regole erano molte meno di adesso, quando chi lavorava sodo poteva anche diventare ricco, quando la disoccupazione era al minimo e quando la classe politica era di altissimo livello.
(...) Il punto è che in questo mezzo secolo in Italia ci siamo riempiti talmente di orpelli, quasi tutti inutili, che tornare indietro sarebbe quasi impossibile mentre andare avanti in questo modo è diventato difficilissimo. Disse Mcbeth «Mi sono spinto tanto avanti ormai nel sangue, che, se dovessi fermarmi, tornare indietro sarebbe penoso quanto avanzare». La situazione è meno truculenta ma ci manca poco considerando tutti i suicidi degli ultimi mesi.
Ed è questa la cosa più importante: ridare fiducia ad una nazione scoraggiata e spaventata. Non basta la diminuzione di benzina e gasolio che si registra da qualche settimana a questa parte anche perché incombe l’aumento dell’Iva dal 21% al 22%. E quindi nulla cambierà nella corsa all’inflazione. Non basta sospendere o togliere l’Imu se poi i comuni non potranno garantire i servizi minimi. Molti dimenticano che quelli che hanno bisogno di questi servizi sono gli appartenenti al ceto medio, quelli che vivono di stipendio, coloro che appartengono al ceto medio e che producono e consumano. Per i ricchi tutto questo ha poco importanza: andranno a fare il pieno al loro yacht in Tunisia, spenderanno a Montecarlo e passeranno le vacanze sulla Costa Azzurra in Francia o sulle vette di Innsbruck in Austria. Il problema è tutto di coloro che guadagnano, o guadagnavano, tra i 1.000 ed i 2.000 euro al mese. Sono questi che adesso non riescono a tirare la carretta, che sono costretti a comprare all’ard discount e a privarsi della macchina nuova. Ovvio che poi la produzione industriale decresce, il commercio muore e le pizzerie chiudono. Lo hanno capito gli imprenditori che producono e vogliono vendere. Ma non tutti hanno capito che il vero nemico è la grande finanza che drena i capitali dirottandoli dagli investimenti locali verso forme diverse e lontane. Promotori che, sfruttando la difficoltà del momento, incitano gli imprenditori di sbarazzarsi delle loro ditte, investire all’estero le proprie risorse e vivere di rendita. La politica non ha saputo dare risposte a costoro, non ha saputo intervenire. E’ stata introdotta la cosiddetta Tobin Tax sulle transazioni finanziarie ma servirà a poco o a nulla. Si tratta di una goccia nell’oceano della speculazione che non modificherà di molto la situazione. Per fortuna l’Europa sembra muoversi bene in questa direzione e visto che, per amore o per forza, anche l’Italia si dovrà adeguare può essere che in tempi brevi qualche buon risultato contro la speculazione si possa ottenere. Potremo evitare di tornare indietro di 50 anni, nel 1963 quando erano ancora in vita Giovanni XXIII (muore il 3 giugno), John Kennedy (muore il 22 novembre), Martin Luther King, Che Guevara… e l’umanità sognava un mondo migliore. Adesso noi dobbiamo risvegliarci da un incubo!
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