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Sospesa l’iva per tre mesi e aumentate le tasse: Irpef e Ires

Il Dl lavoro che snobba il merito

Incentivi per chi assume giovani senza istruzione


Il Governo Letta ha deciso in che modo si può incentivare l’occupazione e in questa decisione è fortemente convinto di aver teso una mano al Sud o al Meridione in generale.
Il decreto legge sul lavoro licenziato la settimana scorsa prevede lo stanziamento di un miliardo e mezzo di euro per aiutare le imprese ad assumere ma anche per evitare il rincaro dell’iva che era prevista per il primo luglio. Aumento solo rimandato a ottobre ma per compensarlo sono state aggiunte altre tasse: aumentato al 100% l'acconto Irpef e del 101% (dal 100%) quello Ires. Insomma misure che costringeranno le imprese ed i lavoratori autonomi ad anticipare all'erario 2,6 miliardi di euro, quindi ben oltre il miliardo e mezzo previsto per gli incentivi e l’iva. Mentre la spada di Damocle dell’Imu sulla prima casa è ancora lì sulle nostre teste. Arriverà Natale e magari ce la troveremo sotto l’albero.
E torniamo agli incentivi per l’occupazione. Consistono in un bonus massimo di 650 euro al mese per 18 mesi, destinato alle aziende che assumono a tempo indeterminato giovani dai 18 ai 29 anni. A loro volta questi giovani devono avere almeno una di queste condizioni: essere privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi; essere privi di un diploma di scuola media superiore o professionale; vivere da soli con una o più persone a carico.
Il decreto ha pensato anche agli over 50 prevedendo agevolazioni per i disoccupati da oltre un anno e per i cassaintegrati. Tutti gli altri non esistono.
Insomma tutto a posto, adesso il lavoro decollerà e, grazie alle nuove tasse, anche l’economia e la floridità delle aziende. Eppure mi chiedo il senso di questi limiti e perché l’aver studiato, l’essersi impegnato, l’aver conseguito una laurea debbano diventare attestati e professionalità da nascondere. Qual è quello Stato che colpisce i meritevoli e decide per le aziende chi è il migliore da avere nel proprio enturage?
La nostra Costituzione non dice che siamo tutti uguali, che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche e condizioni personali e sociali? Sì lo dice, all’articolo 3. E in quello stesso articolo al secondo comma specifica pure che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale per favorire l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Lo scrive grande Paese, perché grande l’avevano immaginato i nostri Padri costituenti in quel 27 dicembre del 1947, eppure di grande sembra essere rimasto ben poco. Forse solo l’ignoranza, quella crassa e orgogliosa che domenica ho incontrato alla Plaja per festeggiare il primo bagno della stagione.
Una giovanissima coppia di genitori aveva scelto l’ombrellone accanto al mio per far respirare al figlio di un paio d’anni un po’ di aria di mare. Poteva solo respirare però e stare rigorosamente all’ombra pur ingessato in uno strato assurdo di protezione solare. Lui, il cucciolo d’uomo con un nome mitologico eccellente, Menelao, smaniava vedendo il mare e piangeva. E la madre lo consolò assicurandogli che da lì a poco sarebbero andati alla festa di Enea.
Che erano amanti della mitologia greca non avevo dubbi e lo chiesi alla madre come conferma. E lei mi rispose che no, era stato solo un caso. Anzi la sua cara amica aveva scelto Enea come nome per il figlio dopo la nascita del suo Menelao e per di più si era preoccupata di rimproverare l’amica che stava per imporre un nome da femmina – Enea! – al figlio maschio.
Interdetta chiesi allora come avevano scelto un nome così inusuale come Menelao per il loro primogenito. E fu il padre ad alzarsi orgoglioso: “L’ho scelto io! Mia moglie avrebbe voluto dare a mio figlio il nome di un cane: Ettore!”.
Ho sorriso e ho ripensato alla Costituzione. La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

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